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    • Giusi Pintori
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    L’invalidità si attende e si aspetta, ma non va in stand-by.

    Tra i primi 7 luoghi in cui bisogna aspettare di più figurano banca, posta, aeroporto, stazione, ristorante e ospedale, medico, INPS. Ma le malattie e le necessità dei malati e, ancor di più delle persone con invalidità, non vanno in stand-by.

    Attendere ed aspettare non sono la stessa cosa. Sono solo apparentemente sinonimi. Lo spieghiamo meglio.

    In Italia ci sono pazienti che sono in attesa ed altri che aspettano. Ma che differenza vogliamo portare oggi all’attenzione del nostro pubblico?

    L’attesa è in realtà un’azione. E’ tempo passato ad attendere, è sentimento vissuto nell’attendere. L’attesa implica la nostra tensione verso qualcosa a cui siamo rivolti e concentrati.

    Infatti l’attesa del riconoscimento dell’invalidità descrive sia l’atto di attendere, sia quel tempo che si passa ad attendere, sia il sentimento che nel mentre abbiamo in cuore. Possiamo dire di essere in attesa dei risultati dell’esame diagnostico, dell’assistenza sanitaria, della previdenza, della pronuncia dell’Inps, ci lamentiamo della lunga attesa. Quando le persone con invalidità si stanno rivolgendo al medico specialista e poi al medico di medicina generale o ad altro medico certificatore, l’attesa trepidante è palpabile. Si tratta di un tempo in cui siamo collocati, in cui c’è una forza che agisce sull’individuo in modo da provocarne l’allungamento nella direzione della forza stessa.

    E’ intuitivo immaginare lo stress che accompagna il paziente nell’attesa del riconoscimento del suo stato di invalidità. Quanto più si prolunga l’attesa quanto più l’individuo subirà le conseguenze e il contraccolpo dell’attesa. E può accompagnarsi a inquietudine, frustrazione, ansia, depressione, sfiducia, se i tempi si allungano troppo. Questo è ciò che accade in Italia a moltissime persone in attesa per la pronuncia e la pronuncia si fa attendere.

    Per questa ragione il 24 novembre 2023, Uniciv, Unione invalidi civili, ha inviato una lettera al 𝐌𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐚𝐥𝐮𝐭𝐞 Prof. Orazio Schillaci, al 𝐥 𝐌𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐋𝐚𝐯𝐨𝐫𝐨 𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐏𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢 Dott.ssa Marina Elvira Calderone, a𝐥 𝐌𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐥𝐢 𝐀𝐟𝐟𝐚𝐫𝐢 𝐫𝐞𝐠𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐢 𝐞 𝐥𝐞 𝐀𝐮𝐭𝐨𝐧𝐨𝐦𝐢𝐞On. Roberto Calderoli. a𝐥 𝐏𝐫𝐞𝐬𝐢𝐝𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐂𝐨𝐧𝐟𝐞𝐫𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐑𝐞𝐠𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞𝐏𝐫𝐨𝐯𝐢𝐧𝐜𝐞 𝐚𝐮𝐭𝐨𝐧𝐨𝐦𝐞, Dott. Massimiliano Fedriga , a𝐢 𝐏𝐫𝐞𝐬𝐢𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐆𝐢𝐮𝐧𝐭𝐞 𝐫𝐞𝐠𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐢, a𝐥𝐥𝐚 𝐃𝐢𝐫𝐞𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐞𝐧𝐭𝐫𝐚𝐥𝐞 𝐈𝐍𝐏𝐒 𝐈𝐧𝐜𝐥𝐮𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐥𝐞 𝐞𝐢𝐧𝐯𝐚𝐥𝐢𝐝𝐢𝐭𝐚̀ 𝐜𝐢𝐯𝐢𝐥𝐞 e per c.a. alla dott.ssa Maria Sciarrino e al 𝐂𝐨𝐧𝐬𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨 𝐝𝐢 𝐈𝐧𝐝𝐢𝐫𝐢𝐳𝐳𝐨 𝐞 𝐕𝐢𝐠𝐢𝐥𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐈𝐍𝐏𝐒,c.a. dott. Robertino Ghiselli.

    La lettera ebbe come oggetto: 𝐑𝐢𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐢 𝐛𝐞𝐧𝐞𝐟𝐢𝐜𝐢 𝐢𝐧 𝐦𝐚𝐭𝐞𝐫𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐢𝐧𝐯𝐚𝐥𝐢𝐝𝐢𝐭𝐚̀ 𝐜𝐢𝐯𝐢𝐥𝐞, 𝐜𝐞𝐜𝐢𝐭𝐚̀ 𝐜𝐢𝐯𝐢𝐥𝐞, 𝐬𝐨𝐫𝐝𝐢𝐭𝐚̀ 𝐜𝐢𝐯𝐢𝐥𝐞, 𝐡𝐚𝐧𝐝𝐢𝐜𝐚𝐩 𝐞 𝐝𝐢𝐬𝐚𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀: 𝐠𝐚𝐫𝐚𝐧𝐭𝐢𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐩𝐫𝐨𝐜𝐞𝐝𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐜𝐞𝐥𝐞𝐫𝐞 𝐞𝐝 𝐨𝐦𝐨𝐠𝐞𝐧𝐞𝐨 𝐬𝐮𝐥𝐥’𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐨 𝐭𝐞𝐫𝐫𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢𝐨 𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞.

    Ora, aspettare viene significa esattamente guardare; concerne quindi qualcosa di specifico, che si “vede” avvicinarsi. Attendere, invece, implica un generico stato di tensione, non necessariamente consapevole della propria meta. Ci sono persone invalide, non riconosciute, che “tentano” domande ma che non sanno cosa accadrà. Nonostante abbiano difficoltà affetti da minorazioni congenite o acquisite, che hanno causato loro una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore a un terzo, e se minori di diciotto anni, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età. Nonostante questo, i loro diritti non sono riconosciuti e vengono negati.

    E’ il caso delle persone con Fibromialgia in diverse regioni, delle persone con Vulvodinia e neuropatia del pudendo, delle persone con Idrosadenite suppurativa e molte altre.

    Il riconoscimento è assente, eppure il bisogno impregna la vita delle persone.

    L’attesa di una pronuncia implica anche la possibilità della delusione. E per molti si trasforma in tormento senza scopo, come nella famosa opera “Aspettando Godot”, frase che si usa quando vogliamo parlare di qualcosa che attendiamo e che probabilmente non arriverà mai .

    Eppure dell’attesa le persone con patologie invalidanti non possono fare a meno: attendono di essere salvate dalla solitudine ed è assolutamente necessario che questo avvenga.

    In questi contesti Uniciv, Unione invalidi civili, è presente per supportare i cittadini.

    Se vivi una situazione tale che potrebbe giustificare la richiesta di invalidità scrivi a info@uniciv.it

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